#Altro, #Denaro, #Diritti, #Notizie, #Tasse

Aumento IVA? No, lotta al contante

Nell’ultimo articolo commentavamo alcune dichiarazioni del sottosegretario Massimo Bitonci per osservare come anche nell’uscente governo giallo-verde serpeggiasse la tentazione di limitare la diffusione dei pagamenti in contanti incentivando l’uso della moneta elettronica. Una tentazione indirettamente confermata anche dai nuovi e preoccupanti poteri di controllo riconosciuti a Banca d’Italia, con l’istituzione di un «risparmiometro» utile a sanzionare chi si serve troppo spesso (o troppo poco spesso) agli sportelli del Bancomat, secondo gli algoritmi dei guardiani del Fisco.

Oggi, con la nuova stagione governativa alle porte, le cose promettono solo di peggiorare. Leggiamo in un articolo di Repubblica del 7 settembre (qui una sintesi) che il Movimento 5 Stelle avrebbe messo sul tavolo una proposta per reperire i miliardi necessari a «sterilizzare» l’aumento IVA previsto dalle clausole di salvaguardia della precedente Finanziaria. Si tratterebbe, leggiamo, di limitare:

l’aumento dal 10 al 23 per cento dell’IVA [ai] settori a maggior rischio di evasione, come ad esempio ristorazione, alberghi e manutenzione della casa.

Ma, attenzione, questo aumento

sarebbe sostenuto solo dai consumatori che pagano in contante al ristorante o in albergo, mentre per chi paga con carta di credito o con altri strumenti elettronici entrerebbe in vigore un meccanismo di rimborso, un cashback, dell’IVA pagata in più.

Se già nel governo giallo-verde serpeggiava la tentazione di limitare l’uso del contante, con il nuovo esecutivo alle porte le cose promettono solo di peggiorare.

È davvero difficile commentare in poche righe un così denso concentrato di orrori. Ora, fingiamo pure di non sapere che:

  • l’aumento dell’imposizione indiretta (già in sé non progressiva, e quindi iniqua e in violazione dell’art. 53 della Costituzione) è una misura distruttiva dei consumi e quindi anche della produzione e quindi anche dei redditi: e quindi anche della finanza pubblica che si finge di voler salvare, perché incentiva il nero nel breve termine ed erode la base imponibile nel medio;
  • limitare esplicitamente l’inasprimento fiscale ad alcune categorie produttive sulla base di una presunzione di colpevolezza è un abominio giuridico mai osato, una discriminazione che manda a rottami lo Stato di diritto;
  • a voler prendere sul serio la proposta, applicare lo sconto fiscale in cashback quando potrebbe agevolmente essere praticato in tempo reale, con disaggravio di costi e di complicazioni, è un modo tutto sommato viscido di fare cassa procrastinando un diritto o annullandolo (ad esempio agli incapienti);
  • recuperare soldi dovuti all’erario aumentando le tasse avvantaggia chi non le paga e penalizza gli onesti: quelli di cui il partito proponente giura di essere il paladino;
  • ammesso e non concesso che una qualsiasi civiltà della storia si sia mai risollevata economicamente inasprendo le imposte, nel nostro Paese l’aliquota massima IVA è già stata aumentata due volte negli ultimi otto anni, per gli stessi motivi per cui la si vuole aumentare oggi. Risultati sulla tenuta dei conti pubblici? Zero. Sul rilancio dell’economia? Zero, tant’è che ci troviamo dopo pochi anni daccapo. Insistere sarebbe perciò coazione a ripetere: che è non è una categoria economica, ma psichiatrica.

Ma appunto, fingiamo di non sapere tutte queste cose e concentriamoci sull’ultima parte, la più surreale. Che c’azzecca – direbbe un noto giurista molisano – la forma di pagamento con i miliardi da sottrarre ai cittadini, per non sottrarglieli con l’aumento dell’IVA? Nulla. Anzi, ci azzecca così poco da far venire il sospetto che ci azzecchi eccome. Almeno nel senso in cui ci azzecca l’aumento dell’IVA con la stabilità finanziaria del nostro Paese. Se quest’ultimo è utile solo a perpetuare un sistema di ricatto politico raffigurato da parametri economici altrimenti privi di significato, l’ossessione di infilare ovunque e comunque misure per scoraggiare il ricorso alla moneta fisica risponde a obiettivi politici evidentemente urgenti, se ogni pretesto diventa buono per rilanciare questa crociata.

L’ossessione di infilare ovunque e comunque misure per scoraggiare il ricorso alla moneta fisica risponde a obiettivi politici evidentemente urgenti, se ogni pretesto diventa buono per rilanciare questa crociata.

Il denaro fisico, come ricorderemo sempre in questo blog, è un presidio di indipendenza e di dignità della popolazione, e quindi anche di pace. Tentativi di attacco ormai così scoperti e volgari come quello qui descritto fanno presagire tempi pessimi, dove un potere sempre più screditato cercherà di forzare la mano estendendo il controllo sulle economie e sulle vite dei cittadini.

Il nostro auspicio è che chi oggi si appresta a rientrare nei ranghi dell’opposizione parlamentare comprenda la gravità della posta in gioco e si dissoci resistendo in ogni sede. La strada appare purtroppo in discesa, ma ciò non significa che non si possa e non si debba frenare.