In questi giorni, anche i nostri organi di stampa stanno rilanciando l’allarme diffuso dalla banca centrale finlandese sul crescente indebitamento dei cittadini del Paese scandinavo, che avrebbe raggiunto in pochi anni una media del 127% sul reddito (il doppio della media italiana). L’aspetto più interessante è che, secondo la direttrice della comunicazione dell’istituto, Jenni Hellström, «uno dei principali fattori del crescente indebitamento dei finlandesi è la digitalizzazione dei pagamenti… e il minore utilizzo di denaro contante. L’indebitamento» spiega la Hellström, «ha a che fare con il modo in cui vengono effettuati i pagamenti nei Paesi nordici, perché l’intero processo di pagamento per gli acquisti è diventato letteralmente invisibile» con l’uso del denaro fisico ridotto a un misero 19% nel 2018. Tra i principali imputati e beneficiari di questa tendenza ci sarebbero proprio le società di microcredito, sui cui «prodigi» ci siamo già soffermati.
Ma pensa.
Ai i tanti e diversi pericoli legati all’abuso di moneta elettronica, va ora aggiunto anche quello di spezzare il rapporto ancestrale tra l’uomo e il denaro. Già gravato dal difetto ontologico di rappresentare il valore senza averne alcuno, nella sua forma fisica il denaro mantiene almeno un rapporto simbolico con la realtà, suscitando in chi lo possiede la stessa attenzione che si riserverebbe a un metallo prezioso. Mancando anche questo ultimo aggancio figurativo, gli uomini tendono a perdere del tutto la percezione del valore, e quindi a sottostimarne l’impatto sulle proprie vite.
Ma la banca finlandese ha già la soluzione pronta. Limitare la diffusione degli strumenti elettronici di pagamento? Nossignore: impartire corsi e consigli di «educazione finanziaria» ai cittadini. Tutto secondo copione, insomma.