La diffusione del nuovo Coronavirus ha causato problemi sanitari e ne causerà molti altri di tipo economico e sociale. Tra i tanti risvolti dell’emergenza, la fioritura di «soluzioni» propugnate dagli esperti mediaticamente più esposti ha colpito anche i meno attenti per il fatto di ricalcare nei contenuti le stesse soluzioni già propugnate da anni per salvare il nostro Paese dalle più svariate piaghe, di qualunque natura esse fossero. Oggi, ad esempio, rinunciare a privacy e libertà personali non ci conserverebbe solo dagli attacchi dei terroristi, ma anche dalle infezioni. Studiare e lavorare da casa con il muso appiccicato al monitor non ci renderebbe solo più competitivi nel mondo della «rivoluzione digitale», ma anche più immuni al contagio. Spostarsi di meno non servirebbe solo a ridurre le emissioni di CO2, ma anche le immissioni di microbi. Eccetera.
Su questa linea qualcuno aveva già previsto in tempi non sospetti che si sarebbe arrivati a puntare il dito anche contro l’uso del denaro contante, già pluri-imputato di una vasta serie di crimini e oggi accusato di veicolare il patogeno di mano in mano, come il Mora della Colonna infame.
L’allarme partiva nei primi giorni di marzo dalle colonne del Telegraph, dove un non meglio identificato «portavoce dell’OMS» consigliava, dove possibile, di «usare tecnologie contactless» di pagamento per limitare i contagi. Per quanto dubbia o comunque non ufficiale, dopo poche ore la notizia aveva già fatto il giro delle redazioni di tutto il mondo perché, evidentemente, il mondo non aspettava altro. In un paper pubblicato il 3 aprile l’ufficio studi della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) certificava infatti che «la pandemia di Covid-19 ha alimentato nel pubblico il timore che il Coronavirus possa trasmettersi attraverso il denaro contante» e che alcune banche centrali si erano attivate per invitare cittadini e operatori a continuare ad accettare il denaro fisico.
Secondo la Banca dei regolamenti internazionali la pandemia ha alimentato nel pubblico il timore che il virus possa trasmettersi attraverso il denaro contante.
Nel nostro Paese, dove i semi delle mode globali trovano sempre terra grassa, la cauta raccomandazione attribuita all’OMS si trasformò in una crociata per cancellare il denaro contante. Così, d’emblée. Pierluigi Lopalco, medico epidemiologo e commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 in Puglia, incominciava a dirlo già a fine marzo, che «questa sarebbe l’occasione per abolire il contante, non soltanto perché… significa soldi sporchi. Il contante obbliga le persone ad andare in banca a ritirare, poi bisogna fare la fila al bancomat e toccare le tastiere dei bancomat». In fondo è «una cosa semplice», assicurava ai microfoni di Piazzapulita.
L’idea sembra essere una stella polare dei tecnici al potere. Per Vittorio Colao, a capo di una altrimenti enigmatica task force nominata da Giuseppe Conte, «il limite del contante… deve essere zero». La strada per loro è già in discesa. Dal giorno della loro riapertura bar e ristoranti avrebbero già registrato un aumento del 55% delle transazioni digitali: quelle, per capirci, dove per non sporcarsi le dita una volta con il tastierino del bancomant le si preme ogni volta su quello del POS.
Nel frattempo sedicenti «Eroi Fiscali» promuovevano con il sostegno di Peter Gomez e altri VIP una petizione online per la digitalizzazione totale del denaro. Anche qui c’entra il virus «perché adesso, dopo il lockdown… il nostro Paese si troverà ad affrontare una grandissima crisi di liquidità. E gli unici che potranno colmarla sono gli uomini delle associazioni criminali. Che però agiscono in contanti», spiega il magistrato Alfonso Sabella. Resta da capire perché, se una crisi costringe i cittadini a rivolgersi ai malavitosi, uno Stato non dovrebbe cercare di evitare la crisi o di mitigarne gli effetti piuttosto che chiudere ogni scampo e utilizzarla per distruggere anche «le monetine per l’elemosina».
Per i tenici, la pandemia è un’occasione per abolire il contante.
Ma quanto è realmente fondata la paura che i pagamenti in contanti comportino rischi sanitari più elevati? Poco o per nulla. Anzi.
Se per Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce, «nel complesso il contante non sembra porre rischi di trasmissione del [Coronavirus] significativi rispetto ad altri tipi di materiali con cui si è normalmente in contatto», nel già citato studio BRI leggiamo testualmente che «l’osservazione scientifica suggerisce che la probabilità di trasmissione del [Coronavirus] tramite le banconote è bassa se confrontata con altri oggetti frequentemente toccati, come ad esempio i terminali delle carte di credito o i tastierini per inserire il PIN».
Sì, avete letto bene. I mezzi di pagamento elettronico sarebbero mediamente più sporchi e pericolosi delle banconote, anche nel diffondere il nuovo virus.
Esistono numerose ricerche scientifiche sull’argomento, dalle quali in generale emerge che i soldi non offrirebbero un ambiente favorevole ai microbi più di altri oggetti di uso comune e che sarebbero relativamente più refrattari ai virus. La conclusione di un ampio compendio pubblicato sulla rivista Central Banking è che «le banconote non trasmettono il [Coronavirus] più di una carta bancomat o di un telefono cellulare». In uno studio recente, la società di consulenza finanziaria LendEDU ha messo a confronto la carica batterica delle superfici di diversi supporti di pagamento scoprendo che le carte di credito/debito sono mediamente più contaminate delle banconote (+78%) e ospitano il doppio dei batteri delle monete (+110%).
I dispositivi di pagamento elettronico sono mediamente più sporchi e contaminati di monete e banconote.
In quanto ai telefonini che dovrebbero rendere ordinari i pagamenti «contactless», è noto da tempo che le loro superfici sono tra le più sporche con cui veniamo quotidianamente in contatto, tanto da giocare un ruolo anche nella diffusione delle infezioni ospedaliere. Dalle misurazioni effettuate è emerso che la concentrazione di germi sui cellulari è 10 volte più alta di quella di una tavoletta del WC. Stando agli studi citati, toccare spesso un telefono mobile e poi altri oggetti, specialmente nei luoghi pubblici, può contribuire alla diffusione dei patogeni almeno tanto quanto lo scambio di banconote.
La missione di Denaro Libero è quella di difendere il diritto dei cittadini di scegliere in quale forma spendere e detenere il proprio denaro. Nel promuovere la libera diffusione di ogni modalità di pagamento, presente e futura, Denaro Libero riconosce alla moneta fisica i pregi della tutela della riservatezza e della piena potestà sugli averi. Limitare o mettere fuori legge l’uso del contante adducendo motivi dubbi o smentiti dalle migliori conoscenze scientifiche è due volte spiacevole: in generale perché solleva nel pubblico il dubbio che si stiano tacendo altri e meno presentabili moventi; in questo caso particolare perché utilizza una crisi che sta colpendo milioni di persone per imporre loro altri stravolgimenti e restrizioni. Di cui non si sentiva davvero il bisogno.