Proponiamo nel seguito l’appassionata denuncia di Nijole Naujokas, studentessa australiana e collaboratrice del quotidiano britannico The Guardian, dalle cui colonne descrive gli orrori promessi da una nuova carta welfare australiana che obbliga i cittadini più indigenti a spendere elettronicamente il sussidio ricevuto dallo Stato. Nell’indirizzare i consumi, il sistema limita l’autonomia e la dignità dei cittadini più esposti, gettandoli in uno stato di semi-schiavitù. Tra i moventi paternalistici dell’operazione non manca la “educazione finanziaria” del volgo già discussa in un articolo precedente.
Questo esperimento, sinora indirizzato ai più deboli, fornisce una chiara anticipazione di ciò che un futuro cashless riserverebbe a tutti i cittadini, con l’irrilevante ma notevole eccezione dei pochi che manovrerebbero l’infrastruttura. Il tema è rilevante anche per comprendere le distorsioni dei vari “redditi di cittadinanza”.
(Testo originale: N. Naujokas, I feel sick thinking about being forced on to cashless welfare. It’s so insulting)
In un certo senso, sono una specialista di annunci governativi sul welfare. Quando la tua sopravvivenza dipende dal programma Centrelink [il programma di assistenza sociale del Dipartimento australiano per i Servizi alla persona, ndt], diventa quasi un’ossessione. Passare in rassegna ogni titolo di giornale per capire quale nuova mostruosità intendano importi è necessario, ma anche incredibilmente frustrante.
Quando ho scoperto che l’attuale governo ha intenzione di estendere l’uso della carta cashless ai sussidi di tutti i cittadini, mi si è rivoltato lo stomaco. Mi sono sentita fisicamente male al pensiero e continuo a esserlo ancora. Per qualche giorno ho dovuto smettere di leggere i giornali.
Per chi non lo sapesse, la carta cashless per il welfare è una specie di bancomat rilasciato a tutti i sussidiati, da cui è però possibile prelevare solo il 20% del valore. Il resto deve essere speso elettronicamente. La sua prima versione, la Basics card, era stata imposta alle comunità aborigene più remote durante l’Intervention [serie di riforme varate nel 2007 dal governo australiano per migliorare la condizione degli aborigeni, ndt] e presentata allora come una soluzione per risolvere i loro problemi sociali. Andrew “Twiggy” Forrest [plurimiliardario australiano, attivo soprattutto nei settori estrattivo e metallurgico, ndt] se ne è poi uscito con questa nuova e più brillante versione, dall’alto della sua inesistente esperienza in campo sociale. Non sapendo io nulla di miniere, suppongo che Twiggy accetterebbe di buon grado la mia inesistente esperienza nel suo business miliardario. Non temere, Twiggy, ti farò presto arrivare i miei suggerimenti su come smettere di buttar via il tuo denaro. Ah, non ti interessano i miei consigli su come spendere i soldi? Ecco. E a me non interessano i tuoi.
Sento spesso certi deputati cercare di venderci l’idea “proprio come una carta di credito, solo che non puoi comprare l’alcool o giocare d’azzardo”. Non so quante volte mi sono infuriata nel leggere queste falsità totali. Avendo seguito fin dall’inizio l’evolversi dei sussidi cashless in Australia, e ascoltato le testimonianze delle persone che li utilizzano, posso assicurare che nulla può essere più lontano dal vero.
Le carte di credito non ti impediscono di comprare beni online. Le carte di credito non ti impediscono di comprare oggetti di seconda mano. Facebook Marketplace, Gumtree, mercatini rionali: tutti off limits per chi ha una carta welfare. Per chi, come me, è nel programma Newstart (che adesso si chiama Jobseeker’s allowance [sussidio di disoccupazione, ndt]), il fatto di non poter disporre di denaro contante può tradursi in una catastrofe. Se mi si rompe il frigorifero potrei prenderne uno usato online per cinquanta dollari. In negozio ne costerebbe invece quattrocento. E in ogni caso, per le spese più importanti è necessario prima avere l’autorizzazione di Indue, la corporation senza volto che incassa diecimila dollari all’anno a persona per amministrare il mio denaro. Aspetti, gentile signore, mi tenga da parte il frigorifero mentre vado a chiedere a papà Indue il permesso di usare i miei fondi.
Le carte di credito non mi fanno sentire come Oliver Twist.
Dire ai poveri che potrebbero semplicemente smettere di essere poveri amministrando meglio i loro fondi è il peggiore degli insulti.
Non so proprio come descrivere la rabbia che mi prende mentre contemplo il futuro che mi aspetta con una carta welfare. Nella sua ultima intervista, Anne Ruston [l’attuale ministro australiano per la Famiglia e i servizi sociali, ndt] ha dichiarato che si tratterebbe di uno “strumento di alfabetizzazione finanziaria”. Perdonate il linguaggio, ma questo è un lurido insulto indirizzato a me e a tutte le altre persone che dipendono dai sussidi Centrelink. Non siamo poveri perché non riusciamo a gestire il denaro. Lo siamo perché i sussidi Centrelink sono così miseri da obbligarci a una ginnastica finanziaria per sopravvivere. Ma quanto pensi di essere stupida? Dire ai poveri che potrebbero semplicemente smettere di essere poveri amministrando meglio i loro fondi è il peggiore degli insulti.
Il fatto di dover vivere con i sussidi Centrelink mi obbliga a pianificare le mie spese in maniera incredibilmente precisa, e penso di essere dannatamente brava a farlo. È un balletto intricato dove i soldi si muovono come danzatori su una pista da ballo, facendo attenzione a non scontrarsi tra di loro. Ho un calendario mentale con le scadenze di tutti i conti e muovo i soldi di conseguenza. Uso una app prepagata. Compro roba usata. Faccio dumpster diving [frugo nei cassonetti, lett. mi ci tuffo, ndt]. Quando è necessario, mangio alla mensa del povero.
E sapete che cosa non mi aiuterebbe per niente? Essere limitata nell’uso dei miei quattrini. Farmi dire dove devo spendere il mio misero sussidio. Ciò è semplicemente crudele. Avendo avuto parenti vittime di violenza domestica, conosco bene gli effetti del controllo finanziario nelle relazioni violente. Il fatto di non poter gestire e controllare il tuo denaro ti consuma, fino a farti credere di non poter fare proprio nulla. Non è un modo per incoraggiare l’alfabetizzazione finanziaria. È un abuso finanziario. Perché allora è diventata una legge dello Stato?
Il fatto di non poter gestire e controllare il tuo denaro ti consuma, fino a farti credere di non poter fare proprio nulla.
Per chi non ha mai dipeso dai sussidi Centrelink è davvero molto difficile comprendere il senso di perdita di potere e di controllo che si prova nel leggere notizie del genere. Provate a immaginare se il vostro unico reddito dipendesse dal capriccio di pochi individui in una stanza, il cui budget per un giorno di trasferta a Canberra è più di ciò che voi riceverete in una settimana. Immaginate se vi dicessero che non siete capaci di gestire i vostri soldi perché li spendereste in alcool e droga, anche se non avete mai avuto questi problemi. Non vi arrabbiereste se vi etichettassero come spendaccioni drogati?
In compenso, abbiamo visto politici come Bridget McKenzie sperperare fiumi di denaro, ma nessuno ha proposto di farla vivere con un sussidio cashless. Questo governo sembra consumato dal desiderio di dire ai poveri come debbano vivere. Per dirla con le parole immortali di Regina George delle Mean Girls: “Perché siete così ossessionati da me?”. Mentre il Paese va fuoco, muoiono persone e animali e si rischiano le inondazioni, perché vi interessa come spendo il mio denaro?