L’estensione dell’uso del “Green Pass” nel nostro Paese procede a tappe forzate e coinvolge sempre più persone. Con esso aumenta anche il numero di coloro che, a destra come a sinistra, vedono nel nuovo certificato sanitario uno strumento di controllo ben poco compatibile con i nostri standard costituzionali. Spesso le regole del suo utilizzo appaiono in effetti irrazionali e barocche mentre i benefici sanitari, ancorché sperati, attendono dimostrazione.
È invece evidente l’impatto di questa misura sulle attività economiche che sono state interessate dalla sua applicazione. Ad esempio, il settore della ristorazione lamenta perdite importanti di fatturato che si presume aumenteranno con l’arrivo della stagione fredda, quando non sarà più possibile servire i clienti sprovvisti di lasciapassare all’aperto.
Noi di Denaro Libero non possiamo contribuire ai dibattiti scientifici sull’utilità del provvedimento, ma vogliamo esprimere la nostra preoccupazione sui suoi effetti e sulla premessa ideologica che lo ha partorito: di arginare una minaccia riducendo la libertà dei cittadini. Preventivamente e al di là di ogni limite, di ogni evidenza.
Non possiamo ignorare le inquietanti similitudini tra questa vicenda e quella trattata sul nostro blog. In entrambi i casi libertà e diritti sono considerati l’anello debole da sacrificare sull’altare di un problema che però rischia di impallidire rispetto ai suoi «rimedi». In entrambi i casi si utilizzano le emergenze del momento per introdurre emergenze democratiche, e quindi strutturali. È davvero difficile non sospettare che si stia utilizzando anche l’ultima emergenza per dare nuovo impulso al progetto di riforma politica e sociale di tipo autoritario che avanza già da decenni nelle intenzioni, e ora anche nei fatti.
Sarebbe tecnicamente banale disattivare le carte bancomat dei cittadini senza green pass.
Dalle difficoltà che le restrizioni in corso stanno causando ai settori produttivi e ai consumatori emerge indirettamente anche il tema della libertà d’uso del denaro contante. Il sistema di controllo dispiegato si appoggia infatti sulle stesse infrastrutture informatiche in rete che regolano la gestione del denaro elettronico. La facoltà di includere o escludere cittadini e imprese non in regola con il passaporto verde, e di poterlo fare con un semplice click, porta con sé gli stessi rischi che si corrono affidando la propria sussistenza a un portafoglio telematico gestito da altri. Sarebbe tecnicamente banale disattivare le carte bancomat dei cittadini senza green pass, o imporre loro un tetto di spesa mensile, o limitarne gli acquisti a poche categorie di beni. Lo stesso si potrebbe fare contro chi semplicemente protesta, o per tagliare l’«ossigeno» a iniziative di resistenza pacifica.
La denuncia di Denaro Libero si è caratterizzata fin dall’inizio come un monito sui pericoli di estendere oltre misura e oltre necessità strumenti in sé utili ma gravati dal problema di limitare l’autodeterminazione dei cittadini. Questi pericoli emergono oggi con chiarezza nella vicenda del passaporto sanitario, la cui contiguità anche politica con le crociate No Cash è confermata dai fatti. Risale al 2018 un progetto da oltre 30 milioni di dollari che vede Mastercard e l’iniziativa GAVI impegnate per integrare nei circuiti finanziari delle carte di credito anche le informazioni sullo stato vaccinale degli utenti. Con l’arrivo della pandemia, il progetto ha posto le basi di una «COVID-19 vaccination identity» globale.
Cambiano gli scenari, insomma, ma non la trama.